… almeno questo è quello che credono i membri di una famiglia giapponese, in un momento del film La Cena (1998) di Ettore Scola
Prendete un maestro del cinema italiano, Ettore Scola. Aggiungete un gruppo di attori del calibro di Vittorio Gassman, Giancarlo Giannini, Stefania Sandrelli, Rolando Ravello, Giorgio Tirabassi, e poi Riccardo Garrone, Giorgio Colangeli, Antonio Catania, Francesca D’Aloja ed altri ancora (non contando la “guest star”, Fanny Ardant). Collocate tutto all’interno di un locale, il ristorante “Arturo al Portico”, agitate bene ed avrete una raccolta di storie ambientate fra sala e cucina, fra clienti e personale, con la patronne a gestire il tutto.
Stiamo parlando de La cena, produzione italo francese del 1998, che offre un paio d’ore di intrattenimento intelligente, e tanti spunti di riflessione, ed anche – come forse prevedibile in un’opera decisamente “romana” – qualche cosa che ha a che fare con la nostra amata carbonara.
Per iniziare, intorno al minuto 7, si sente un’ordinazione sul fondo che non lascia dubbi: “per me una bella carbonara!”.
Per qualcosa di più significativo, nel bene e nel male, basta aspettare qualche istante: intorno al minuto 9, infatti una famiglia di giapponesi (madre, padre, figlio) si fa fotografare da un cameriere con i piatti di carbonara in tavola, e chiede a quest’ultimo del ketchup.
Il cameriere va alla cassa, dove c’è la patronne Flora (Fanny Ardant) a cui chiede quanto richiesto dai clienti. Segue un breve scambio di battute, mentre si avvicina il capocameriere Diomede (Riccardo Garrone) che dice al cameriere:
“Che stai a fa’?”
“Ketchup dei giapponesi”
“Sulla carbonara il ketchup non ci va. Dì che non ce l’abbiamo”.
La patronne restituisce il ketchp al cameriere dicendo ”il cliente ha sempre ragione”.
L’inquadratura successiva mostra la famiglia di giapponesi che, felici (sic), spargono il ketchup sui loro piatti di carbonara…