Una pièce teatrale messa in scena per la tv, scritta da Mattia Torre, interpretata da Valerio Aprea con la regia di Paolo Sorrentino e dal titolo inequivocabile: “Gola”. Manca qualcosa? No, c’è anche la carbonara! Che torna anche in un un’altra rappresentazione della stessa serie, “Qui e ora”, interpretata dallo stesso Aprea insieme a Paolo Calabresi
Trasmesso su RAI3 in seconda serata, e recuperabile su Raiplay, Sei pezzi facili è una proposta di Rai Cultura che presenta sei tra le opere teatrali più famose del compianto sceneggiatore, commediografo e regista Mattia Torre, attivo al teatro e al cinema.
Parliamo di opere realizzate con la direzione artistica e la regia televisiva di Paolo Sorrentino, e con gli attori – compagni di tante avventure professionali, e soprattutto amici – scelti da Mattia Torre per interpretare i suoi personaggi, tornati in scena proprio per questo allestimento.
La nostra attenzione è naturalmente stata attratta dall’episodio intitolato Gola, trasmesso il 19 novembre e interpretato da Valerio Aprea. Il noto attore teatrale, poi approdato anche alla tv e al cinema, in un monologo di una mezz’ora abbondante intrattiene gli spettatori con simpatiche considerazioni e divertenti battute in tema “cibo e dintorni”. Verso la fine della performance, abbiamo annotato quanto segue: “(…) quando ero piccolo, ero convinto che fosse Roma la città dove si mangiava tanto… dove si mangiava troppo…e che fosse questo stato d’animo ministeriale stanco a indurci a mangiare carbonare a pranzo così da distruggere la giornata… ‘na specie de karakiri…simbolico che a mezzo giorno e mezzo te fai la pajata e non se ne parla più (…).”
Il tutto, oltre ad un’ennesima testimonianza della bravura di Aprea, è risultato molto divertente, anche se non siamo d’accordo né con l’autore né con l’attore sul fatto che la carbonara a pranzo possa distruggere la giornata… a noi la fa continuare con più vigore!
E non è finita qui. Trasmesso il 3 dicembre us, “per fini carbonari” va segnalato anche l’episodio Qui e ora, interpretato dallo stesso Aprea insieme a Paolo Calabresi; c’è da aggiungere peraltro che, “per fini teatrali”, meritano di essere visti tutti gli episodi. Stavolta la storia è incentrata su quanto avviene dopo lo scontro fra due scooter, in un’area lontana dai centri abitati, con i conducenti feriti in attesa dei soccorsi che tardano ad arrivare.
Uno dei due (Calabresi) è uno chef “moderno”, che riesce a lavorare anche nel contesto in cui si trova parlando al telefonino, che, in ogni caso, gli permette di andare in onda con ricette e consigli di cucina. L’altro (Aprea) è un disoccupato, che usa il cellulare di fatto per comunicare con la madre, e per buona parte del tempo dopo l’incidente è vessato dallo chef, che lo tratta con sufficienza, offendendolo più volte.
Alla fine, il disoccupato prende vigore e a sua volta inizia – citando anche una storia legata al padre e a un politico – ad andare contro lo chef. Questi prova a difendersi dicendo “Che c’entro io con il politico… io faccio il cuoco!” al che il disoccupato sbotta: “Vedi Aurelio, a me andava bene tutto… ma guarda proprio tutto… la cartolarizzazione dei mutui… la crisi del subprime… il ritorno al proporzionale… ma… la carbonara de pesce…. no!” E poi continua “il bikini di cozze… nooo! La cerbottana de spigola soleggiata nooo”.
Il disoccupato di fatto ammette di aver voluto provocare l’incidente appena si è accorto del cuoco televisivo famoso, “… che ci scassa la m*****a con il manzo teriyaki, l’insalata alla cavica, mela, tamarindo, ma che volete da noi? Noi stavamo tanto bene, ma che ce siete venuti a complicare tutto? (…)”.
Infine, il disoccupato chiede “Per cosa pensi di essere ricordato? (…) la cocottine de non so cosa, l’aria di basilico… che c****o è l’aria di basilico?”
Insomma, la carbonara c’è sempre, ormai quasi sinonimo – a seconda dei casi – di goduria, di romanità, di orrore (pancetta no, guanciale sì), ma è interessante notare che la pièce è sostanzialmente dedicata ad un fenomeno dei nostri tempi, ovvero l’eccessiva importanza data a certo cibo, e la fama spesso esagerata e ingiustificata che accompagna gli artefici, i cosiddetti “chef” (cuochi fa meno fico, ma tant’è…): in effetti, perfettamente d’accordo con Mattia Torre, ma che c****o è l’aria di basilico?