Una, nessuna e centomila: ogni cuoco ha sempre interpretato, in base ai tempi e ai gusti personali, la classica ricetta, tanto che è facile trovare tante – e a volte anche ardite – varianti sul tema. Noi vogliamo presentarvene alcune, a partire da quella di una firma storica della cucina romana, Giggi Fazi
Uova, guanciale, pecorino, pepe. Sono questi, e solo questi, gli ingredienti della carbonara della ricetta originale, a detta dei ‘veri’ esperti. Eppure, ieri ed oggi, cuochi più o meno noti – professionisti e dilettanti, osti e chef di rango, vip con l’hobby della cucina – hanno sempre interpretato a modo loro il classico piatto, concedendosi molte licenze poetiche
Chi ha passato gli ‘anta’, o meglio i sessanta anni, certamente si aprirà in un sorriso affettuoso sentendo pronunciare il nome di Giggi Fazi, oste romano che gestiva l’omonimo ristorante nella capitale negli anni ’60, in piena Dolce Vita. Un vero personaggio, che ha avuto un ruolo importante nella ristorazione romana dell’epoca e ci ha lasciato – oltre a tanti ricordi – anche un libro di cucina sui generis, una raccolta di racconti, ricette, schede dei ‘suoi’ vini, tutto in romanesco, ‘La cucina e la cantina mia’.
Bene ha fatto dunque Iacobelli editore, dopo l’edizione ‘de luxe’ di qualche anno fa, a pubblicare il libro in versione tascabile, ‘Alla ricerca della polpetta perduta’, recensito sullo scorso numero 35 di Mr Food & Mrs Wine.
Fra le 170 ricette presenti non poteva mancare quella della carbonara, o meglio della Carbonara Scicchettosa che, se non ricordiamo male, era in carta a 350 lire (!), contro le 250 dell’amatriciana.
Dunque, quali ingredienti prevedeva una carbonara a Roma, in un ristorante romanissimo di grande fama, negli anni ’60? Innanzitutto porzioni ‘importanti’: un chilo di pasta (spaghetti, come in uso all’epoca) per 6 commensali (ovvero oltre 165 grammi a testa…), 6 ‘ova sbattute’, 250 grammi di guanciale ‘casareccio’ e ‘affumicatello’, 180 grammi di parmigiano ‘grattato giusto’, un pizzico di pepe macinato grosso, 1/3 di bicchiere di vino bianco, due cucchiai d’olio. Il tutto, condito direttamente dentro ‘n’insalatiera’.
Insomma, una bella differenza con gli ‘esperti’ di oggi, che avranno apprezzato l’uso del guanciale (anche se probabilmente preferirebbero un tipo poco o nulla affumicato), ma di certo si saranno stupiti per l’uso dell’olio prima, e del vino successivamente, per sfumare per lo stesso guanciale,…
E che dire del parmigiano anziché del pecorino, e di appena 6 uova (intere, mentre oggi si tende ad una preponderanza di tuorli) per un chilo di pasta?
Sarà che al tempo della frequentazione di Giggi Fazi eravamo ragazzi, ma il nostro ricordo è comunque quella di una carbonara davvero… scicchettosa!