La carbonara è un piatto romano, e si trova solo a Roma. Ecco un’affermazione vera e falsa allo stesso tempo. Perché se è vero che la carbonara ha origini – peraltro non certificate – nella Città Eterna, è altrettanto vero che la nostra ricetta preferita è apprezzata e cucinata ‘dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno’, per dirla come il Manzoni, o meglio in tutto il mondo, come dimostrano i fatti.
E non stiamo parlando solo di case private, o di ristoranti ‘romani’ più o meno autentici sparsi per la penisola: molto spesso, infatti, la carbonara si trova nei menu di chef blasonati, magari anche stellati. Certo, in questo caso non stiamo parlando del piatto classico, ma di rivitazioni personali da parte di cuochi creativi che in qualche modo rendono omaggio al piatto italiano più gradito e diffuso nel mondo.
Facciamo un salto ad esempio nella bella Puglia, ad Andria. Appena fuori città, eccoci da Umami (Via Trani 103 – 76123 Andria/BT – tel. 0883 261 201 – chiuso la domenica sera ed il martedì – info@umamiristorante.it), nome giapponese che indica il quinto gusto, il ‘saporito’.
Qui, da qualche anno, esercita la sua arte il giovane chef Felice Sgarra, già premiato con una stella Michelin ed altri riconoscimenti. Con passione ed indubbia professione, all’interno di un locale elegante e confortevole (grazie anche al premuroso servizio) allo stesso tempo, Sgarra propone una carta piena di portate sfiziose oppure tre menu degustazione che offrono la possibilità di provare, più o meno in profondità, l’arte e la tecnica dello chef. Il tutto, con accompagnamento di vini di una carta piuttosto ricca e giustamente ampia sulla produzione pugliese, e – cosa quanto mai opportuna di questi tempi – a prezzi umani, per non dire convenienti rispetto al livello del locale e la qualità dei piatti.
A proposito, ma la carbonara? Qui ne potrete assaggiare una versione assolutamente particolare, come del resto indica anche il solo nome (che ne costituisce anche la descrizione…): il tagliolino di grano arso "fatto e maltagliato a mano" con-fuso (carbonara e alici).
Non vi diciamo di più per non privarvi del piacere della scoperta, limitandoci a segnalarvi che il grano arso è una prerogativa di queste parti: tradizionalmente, i contadini della Daunia e zone limitrofe raccoglievano i chicchi di grano rimasti dopo le operazioni di mietitura e bruciatura delle stoppie per macinarli successivamente con la farina bianca. Un classico ingrediente ‘povero’ di una volta, riscoperto negli ultimi anni per il sapore particolare.
Insomma, tradizione locale (il grano arso) e interpretazione personale applicate ad un piatto romano che ha fatto il giro del mondo: una questione di gusto che è anche un’esperienza, in qualche modo, culturale… e un’ottima scusa, per quel che ci riguarda, per pianificare un prossima visita ‘di approfondimento’!